Il Silk Way Rally, per l’edizione 2019 ha preso il via da Irkutsk, con una splendida cerimonia proprio nella centralissima piazza antistante l’università. L’edizione numero nove della competizione è stata ricca di novità sia dal punto di vista del percorso, che della logistica e naturalmente dei concorrenti. Infatti per la prima volta quest’anno al via si sono presentate anche le moto e i quad. Non solo la competizione faceva parte del Calendario FIM cross country rally. Inoltre a seguire la competizione c’era anche Jutta Kleinschmidt come osservatore FIA; poiché per il prossimo anno ci sarebbe il desiderio da parte della FIA di avere questa gara nel calendario mondiale Cross Country Rally. Ed a ragione si può anche affermare, data la favolosa organizzazione e l’esperienza più che positiva che gli equipaggi hanno evidenziato alla fine dei dieci giorni di gara.
Dieci lunghe e magnifiche tappe, per un totale di 5.500 km attraverso Russia, Mongolia e Cina: la taiga con le sue piste parallele prima, le colline verdeggianti della Mongolia con la sua vegetazione bassa e rada poi; per finire, quindi, con il giallo della sabbia dell’immenso Deserto dei Gobi e raggiungere quindi la città di Dunghuang; il cui nome significa “faro scintillante” sulla Via della Seta è un’esperienza che bisogna fare almeno una volta.
Ma andiamo con ordine e partiamo da Irkutsk, città industriale - universitaria e capoluogo dell’omonima regione nel centro della Siberia. Qui 96 concorrenti si sono presentati al via e sono stati accolti con molto calore. Tantissimo il pubblico presente, per guardare da vicino i simpatici veicoli a due ruote ed i possenti camion dai colori sgargianti; giunti sino a qui da tutto il mondo:
dal Nord America, Sud America ed Arabia Saudita compresi. Infatti tra le moto troviamo i fratelli Benavides Kevin e Luciano arrivati dall’Argentina. Dal Qatar Nasser Al Attiyah è navigato dal bravissimo Mathieu Baumel e sono a bordo della Toyota Gazoo Racing.
Compagno di squadra, sempre in Toyota Overdrive, è Yazeed Al Rajhi, navigato da Dirk Von Zitzewitz; anche loro alla ricerca della conquista del podio.
La prima tappa parte da Irkutsk, dopo la splendida cerimonia che è rimasta nel cuore a tutti.
La lunghezza di questa tappa è di 255 km così da raggiungere la località di Baikalsk, sulle rive del Lago Baikal. Il paesaggio è mozzafiato e l’atmosfera accogliente dell’Organizzazione della Tigre Bianca mette tutti a proprio agio.
Il secondo giorno, lungo un tracciato nella taiga gli equipaggi percorrono una distanza complessiva di 409 km. Da Baikalsk i concorrenti raggiungono Ulan Ude. La grande steppa russa, seppur di particolare bellezza, ha portato sfortuna al pilota Saudita Yazeed Al Rajhi, che ha dovuto ritirarsi per gravi problemi al motore della sua Toyota.
Il terzo giorno di gara porta con se una prima novità: il Silk Way Rally entra in Mongolia. Non manca quindi emozione e curiosità sia tra i concorrenti sia tra gli addetti ai lavori. Da Ulan Ude si va ad Ulaan Bataar in Mongolia, con una tappa lunga 691 km. Un po’ di classifica comincia a delinearsi, con in testa tra le auto Nasser al Attiyah, tra i quad Rafal Sonik dalla Polonia e tra le moto è bagarre tra Sam Sunderlan e l’argentino Kevin Benavides.
Al Ulan Bataar c’è una tappa che parte ed arriva sempre al bivacco, quindi vita più facile per i meccanici che non devono raggiungere un bivacco successivo ma possono concentrarsi sui lavori da fare sui propri mezzi dopo la prova speciale di 471 km nella steppa verdeggiante della Mongolia. Questo paese è particolarmente affascinante, una cultura tanto profonda e radicata che ci lascia senza fiato; nei giorni di gara si festeggia anche l’anniversario della Rivoluzione Mongola del 1921. Queste giornate sono le più importanti dell’anno per gli abitanti, perciò non potevano non coinvolgere i concorrenti del SIlk Way Rally.
A fine tappa ciò che ci ha più colpiti è stato il commento di Eric Van Loon; infatti pur non avendo vinto la tappa era entusiasta. Ha detto che pur avendo una carriera di oltre 12 anni non aveva mai corso una tappa di questo genere. 450 km di pianure immense e verdeggianti, con uno scenario mozzafiato, dove poter tener giù il piede praticamente sempre.
Molto interessante ed emozionante anche la continua battaglia tra due equipaggi nella categoria camion. Infatti tutti hanno dato per favoriti i Kamaz, data la lunga tradizione di vittorie nelle edizione scorse; ma il team bielorusso del Maz di Siarhei Viazovich è determinato a cambiare le cose e continua a mantenere la testa della classifica.
Nel frattempo si continua a percorrere la Mongolia da nord a sud con una tappa da Ulaan Bataar a Mandalgovi di 365 km. Il percorso formato da piste pietrose e dure oltre che molte tracce parallele, crea qualche problema ad alcuni equipaggi tipo il cinese Han Wei che capotta il suo buggy SMG.
Da Mandalgovi a Dalanzadgad sono 412km di tappa; questa è l’ultima in terra mongola ed è comunque molto apprezzata dai piloti. Il paesaggio affascinante rende ogni giorno di gara unico e speciale per ogni singolo concorrente. Così come molto intensa è l’emozione nell’attraversare il confine tra la Mongolia e la Cina. Ed è in questa circostanza che viene messo in risultato il grande lavoro fatto dall’Organizzazione del Silk Way Rally. Infatti considerando che al confine devono passare i controlli tutti i mezzi in gara, tutti i mezzi assistenza, tutti i mezzi medici, media, catering, organizzazione, scopa, tracciatori del percorso e chi più ne ha più ne metta…. Il numero totale di veicoli e di materiale temporaneamente importato/esportato è spaventoso; di gran lunga al di sopra di tutto il traffico che questa frontiera può avere nell’arco di una stagione. La situazione è stata gestita in modo eccellente e le formalità sono letteralmente sfilate via facilmente, nonostante le diversità linguistiche.
La parte di percorso cinese del Silk Way Rally è molto diverso rispetto alla foresta ed alla taiga dei due paesi appena lasciati. Infatti ci si immerge nel deserto dei Gobi, dove la maestosità delle dune domina ogni singolo chilometro di gara. Da Bayinbaolige ad Alashan sono 787 km di tappa, il roadbook più lungo di tutta la gara, piste sabbiose, dune e tanta navigazione, queste sono state le caratteristiche principali. La classifica fondamentalmente varia di poco; tranne per il clamoroso capottamento del camion Maz del bielorusso Siarhey Viazovich che infrange così il suo sogno di vittoria, praticamente a soli due giorni dalla fine delle grandi battaglie. Ma mentre tra i camion ritorna in testa il Kamaz, tra le auto non cambia nulla ed in testa rimane Nasser Al Attiyah con Mathieu Baumel e la loro Toyota. Nelle ultime due tappe amministrano attentamente il loro vantaggio, oramai indiscusso; mentre è sempre bagarre per le posizioni successivi in classifica.
Da Alashan a Jiayuguan sono 501 i km che i concorrenti percorrono, sabbia a volontà, dune e dunette evidenziano il predominio di Sam Sunderland nelle moto e Josè Peña con il suo Polaris risale lentamente la china ed è quarto in categoria T3.
L’ultima tappa porta i concorrenti da Jiayuguan a Dunhuang, città che sorge lungo la via della seta ed il cui nome significa faro splendente. Perciò con la coreografia più suggestiva che mai, data dal deserto e dallo sfondo con le montagne dalla punta ancora innevata, si conclude l’edizione 2019 del Silk Way Rally, la competizione in assoluto più bella del panorama Off Road – Cross Country.
La vittoria naturalmente è andata a Nasser Al Attiyah e Mathieu Baumel con la Toyota Gazoo Racing; vittoria meritata visto che hanno dominato per tutte le 10 tappe e di fatto non avevano ancora conquistato questo titolo. Tra i camion il dominio è ancora Kamaz e tra le moto porta i colori della KTM di Sam Sunderland; mentre in categoria T3 gli ssv cedono il bel trofeo della Tigre Bianca al Can Am Maverick del russo Kariakin Sergei.
Tutte le classifiche dettaglite sono disponibili sul sito www.silkwayrally.com
Da notare che il primo Kamaz, se mescoliamo le classifiche auto/camion ha terminato terzo assoluto…
Testo e foto motorsand4x4.com