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Transanatolia 2017

La grande avventura

 

Sebbene non sia una prima – il suo debutto risale al 2010 - la TransAnatolia è una gara ancora tutta da scoprire. Auto, moto, quad e SSV, perfino i camion qui sono ammessi, in quella che, a piena ragione, viene definita come la “piccola Dakar di Turchia”. Vuoi per i suoi difficili tracciati, sviluppati lungo migliaia di chilometri, vuoi per la tipologia di percorso, a tratti sabbioso, roccioso, o con lenti tratti fangosi quanto adrenalinici sterrati da sesta piena su brulle montagne come in mezzo a secolari foreste, perfino il chott del lago salato di un paio di edizioni fa per non rimpiangere analoghi appuntamenti in terra maghrebina, impegnando anime e meccaniche in sette lunghi giorni di gara, partendo dal livello del mare fino a valicare oltre quota 3.000.


Con queste premesse, non c’è che dire, anche stavolta la TransAnatolia (www.transanatolia.com) non ha deluso le aspettative. Senza troppa promozione e con una partenza quasi in sordina, dopo lo stop forzato dello scorso anno imposto da una crisi sociopolitica ormai risolta, la settima edizione della gara più avventurosa tra Europa e vicino Oriente riparte da zero, con un nuovo tracciato che ha portato i concorrenti a ridosso del 40° parallelo, dai litorali dell’Egeo sino a quelli del Mar Nero. In tutto poco meno di una cinquantina di concorrenti, equamente suddivisi tra due e quattro ruote, con un manipolo di enduristi italiani pronti a sottolineare la supremazia tricolore in questa specialità, assieme a un veterano in categoria Truck come Marino Mutti, ma ahimè nessuna auto questa volta con targa nazionale. Perché sebbene l’altra faccia della TransAnatolia parli per buona parte italiano – quella a due ruote e manubrio largo – tra le auto 4x4 in pochi si sono fin’ora cimentati a queste latitudini, vuoi per la scarsa conoscenza dell’evento, sebbene il suo nome inizi a risuonare sempre più forte nell’ambiente automobilistico, vuoi per la concomitanza di altre competizioni, difficilmente paragonabili però all’avventura turca.

 

Ricomincio da zero

Un coast to coast significativo quello del passato agosto, che ha voluto imprimere la volontà di rinnovamento, come già accaduto nelle edizioni precedenti, con buona parte delle prove speciali ridisegnate su nuovi tracciati, così da conformare ogni anno una gara sempre nuova.
Lo stop forzato del 2016 ha offerto l’occasione per fare il punto, predisponendo il nuovo start dalla moderna Izmir, in appoggio presso i nuovissimi padiglioni fieristici e il parco culturale cittadino, uno svolgimento centrale ormai collaudato, immerso in spettacolari scenari come solo la Cappadocia sa offrire, ed inedito arrivo a Samsun, cittadina dal sapore orientale e antica via carovaniera, sulle coste del Mar Nero. Ben 2.663 chilometri, suddivisi fra trasferimenti e 19 prove speciali, per sette intensi giorni di sfida, quanto basta per mettersi in gioco davvero e togliersi la voglia una volta per tutte.
L’affluenza italiana è da sempre quella più numerosa alla TransAnatolia, quasi fosse un duello tra due filosofie fuoristradistiche, con una dozzina di caschi presenti allo start pronti a duellare con altrettanti padroni di casa. Mentre tra le moto il confronto si è consumato esclusivamente tra queste due nazionalità – con il tricolore a sventolare infine sui primi due gradini del podio, grazie agli implacabili Francesco Catanese (Yamaha WR 450F) e Francesco Tarricone (Beta 430 RR), tra auto e quad/ssv nessun altro italiano si è presentato al nastro di partenza. Unica eccezione il possente Mercedes Unimog U400 con preparazione Dakar dei bergamaschi da corsa Marino Mutti e Andrea Mazzoleni, affezionata presenza fissa, solitario camion rosso fuoco a frecciare sul tracciato, icona stessa ormai del TransAnatolia Rally Raid.

 

Così, mentre gli enduristi nelle prime posizioni lottavano sul filo dei secondi e l’Unimog faceva gara a sé, lo spettacolo delle 4 ruote si è consumato tra side by side (solitario quest’anno anche l’unico quad presente), e fuoristrada 4x4.
Tra gli SSV alla fine la spuntavano i bulgari Tsanko Tsankov e Zornitsa Todorova (anche loro vecchie conoscenze, già vittoriosi da queste parti) con un aggressivo Yamaha YXZ 1000 R, relegando i padroni di casa Necati Sahin e Günalp Kocakanat sul podio d’onore con il loro Polaris RZR. L’atteso Can Am Maverik dei terzi contendenti ha purtroppo manifestato problemi di alimentazione, con un impietoso ritiro subito dopo la prima tappa, privandoci di fatto di un interessante confronto fra tre meccaniche differenti.
Tutte con targa turca le auto in griglia di partenza.

 

 

 

Giovani ma veterani della TransAnatolia, hanno conquistato la vetta del podio Mert Becce e Hakan Isen, su una Suzuki Jimny già vittoriosa in passato, tenendo testa alle due Jeep Cherokee inseguitrici, quelle di Tolga Yimaz/Ebru Demirbay Eristi, secondi, e di Hüseyin Kurt/Özaidyn Dölek terzi. In eterna rincorsa la Mitsubishi L200 di Caner Akkafa e Malik Akkafa (tra i favoriti del pronostico), subito in testa ma poi rallentati da un affogamento in stile sottomarino durante un profondo guado nelle prime battute di gara, al traguardo quarti assoluti dopo l’opportuna asciugatura.
Quella del 2017 è stata una competizione condizionata sicuramente dagli imprevisti meccanici, una settimana di sollecitazioni che hanno sconquassato veicoli con preparazioni non sempre all’altezza del compito richiesto, impegnando nottetempo le infaticabili assistenze, flessibile e saldatrice alla mano, in riparazioni spesso fortunose. Vitara flambé a parte (fortunatamente senza conseguenze per l’equipaggio) andata al rogo per una perdita di carburante che a tutti sarebbe potuta capitare. Ci sarebbe piaciuto moltissimo assistere a un parallelo con mezzi e piloti della scuola italiana, sicuramente affidabili e competitivi sui veloci terreni turchi, come già dimostrato in passato grazie all’affermazione della Mitsubishi Pajero di Calubini/Rizzardi, con il secondo piazzamento (letteralmente a una ruota dalla vittoria) conquistato nel 2014. Aspetteremo il prossimo anno. Volete essere voi i temerari a raccogliere il guanto di sfida?

 

Culla dell'Umanità

 

 

Territorio, organizzazione, atmosfera. Sono queste senza dubbio le carte vincenti della manifestazione turca. Terreni impegnativi immersi in un contesto fiabesco, attraverso regioni che hanno visto la storia dell’umanità, dall’Egeo alla Cappadocia, fino alle coste settentrionali del Mar Nero a non molta distanza da Iran e Georgia.

 

 

Organizzazione collaudata con perfetta conoscenza del territorio, attenta ai dettagli e sempre pronta a venire incontro alle esigenze e agli inevitabili contrattempi che un evento di tale portata immancabilmente subisce. Non per ultima la dimensione amichevole che regna tra paddock e bivacchi, agguerriti contendenti di giorno, fraterni compagnoni la sera davanti a una birra ghiacciata o un tè bollente. Che in un ambiente simile significa poter contare su una mano nel momento del bisogno, come ben sanno quanti hanno richiesto una stroppata in mezzo alla speciale, o un ricambio mancante per proseguire l’avventura.
Dallo scorso anno Transanatolia è anche il format per altri due appuntamenti a dimensione locale, di portata minore ma ugualmente interessanti soprattutto considerando il contesto sportivo offerto dalla Turchia. Si tratta del BajaAnatolia (bajaanatolia.com), con formula weekend e sviluppo del percorso a margherita, e del Rally Antiphellos (rallyantiphellos.com), di fatto una mini TransAnatolia d’assaggio di quello che sarà poi l’evento clou d’agosto. Come dire che questo genere di formula piace sempre di più, a partire dai propri confini nazionali.

 

Bivacco e Grand Hotel

 

 

Sebbene gli hotel, predisposti in concomitanza con partenza, arrivo e tappa intermedia, rimangano la soluzione più confortevole per l’accoglienza serale, specie se si considerano le lussuose strutture messe a disposizione dall’organizzazione (uno su tutti l’Hilton di Izmir), i cinque bivacchi allestiti quest’anno hanno caratterizzato la TransAnatolia tra gli appuntamenti più curati anche sotto questo aspetto. Il nuovo catering non ha fatto rimpiangere la cucina di casa propria, con colazioni e cene da veri gourmet ed ampia scelta nel menù, provvedendo anche ai servizi igienici sempre puliti e allo spazio docce mobili, provvidenziali per ritemprarsi (anche in alta quota) dopo una giornata di polvere e sudore. Insomma, fatica, tensione e concentrazione nella performance, ma poi ecco il meritato relax all’imbrunire, per ripartire il giorno dopo con rinnovata carica e vigore.

 

Sotto una buona stella

 

La TransAnatolia ha visto il debutto anche di una nuova strumentazione destinata al monitoraggio dei concorrenti. Lo Stella 3 - rally computer, è un’apparecchiatura rivoluzionaria, già utilizzato in numerosi appuntamenti agonistici di rally raid, che racchiude molteplici funzioni di controllo e sicurezza. Realizzato in Spagna dalla Anube (www.anubesport.com), lo Stella è completamente programmabile secondo le esigenze dell’organizzazione di ogni singola gara, disponendo di un display per le indicazioni e un monitor a led per la messaggistica, Gps interno e interfaccia per la massima espandibilità, dalla voce al video. Oltre alla basilare funzione Trip, per il conteggio preciso della distanza percorsa, lo Stella3 segnala il raggiungimento dei waypoints e la direzione del Cap, funge da Sentinel (ovvero allerta il pilota con segnali acustici e luminosi dell’arrivo di un veicolo in fase di sorpasso), invia messaggi da parte dell’organizzazione in caso di necessità e trasmette quelli di allerta o richiesta di soccorso, medico o meccanico, oltre a rilevare la posizione istantanea, consentendo a chiunque di seguire la gara real time comodamente dal proprio PC di casa. Tutto racchiuso in una scatolina leggera e poco ingombrante, impermeabile ed autoalimentata, che da radio, trasponder, satellite e Gprs, va a sostituire due, se non tre, strumenti differenti che solitamente affollano il cruscotto o il manubrio di auto e moto da competizione. Un bel passo avanti in funzione della massima sicurezza su cui possono contare i concorrenti in gara, nella cui quota d’iscrizione è compreso anche il noleggio di questo fondamentale apparecchio.

 

Senza di loro nulla

Questa, in fondo, è una gara che parla un po’ italiano, e non solo per la presenza di molti corridori nostrani. Organizzata interamente in Turchia, la Transanatolia Sport Organisation si avvale però di una preziosa consulenza che rende la gara turca un po’ più vicina al Bel Paese. Sui tracciati ideati dal patron Orhan Celen, vecchia volpe dell’escursionismo e del fuoristradismo praticato da queste parti, nelle ultime edizioni il road book è stato sapientemente disegnato dallo specialista Giulio Fantoni, nome celebre nel mondo dell’endurismo e dei rally raid, più volte incaricato della realizzazione di road book per molte manifestazioni internazionali, di cui la TransAnatolia non è che l’ultima espressione.

Dopo aver portato gente in Africa per tanti anni e preso parte a numerose competizioni, mi ritrovo a dare il mio contributo a un evento come questo”, scherza Giulio facendo finta di essere un fuoristradista stanco. “Il mio lavoro non saprei bene come definirlo, vorrei andare in pensione ma se mi vogliono l’anno prossimo potrei tornare qui ancora”. Come disegnatore di road book Giulio è una garanzia, ampiamente apprezzato dai concorrenti, aspetto serio e professionale ma sempre pronto a elargire consigli, come un vecchio zio, raccomandando nei briefing serali di prestare massima attenzione alle note critiche della tappa successiva.

 

 

Altro tocco tricolore, voluto dal Direttore di gara Burak Büyükpinar, è l’apripista ufficiale, il veterano Paolo Albertini, una storia da endurista e motorally alle spalle, inclusi Rally d’Algeria, Pharaons, Hellas Grecia e Sardegna, che ogni giorno, partendo prima dell’alba, percorreva l’intera tappa segnalando eventuali intoppi lungo il percorso.

 

Socievole e disponibile, arriva prima di tutti al bivacco e dopo una doccia calda chiacchiera volentieri.

 

E’ una bella collaborazione quella con Giulio, iniziata qui un paio d’anni fa, che mi ha permesso di rivestire questo ruolo importante.

 

Anche se impiego la moto, occorre occhio attento alle necessità delle auto, perfino dell’ingombrante camion.

 

C’è da farsi un mazzo tanto, con sveglie impossibili nel cuore della notte e partenze solitarie immersi nell’oscurità.

 

Ma poi è divertimento puro, cavalcare mentre albeggia su sterrati affascinanti, senza dover badare a fare il tempone da gara.

L’unica cosa, se sarò ancora l’apripista l’anno prossimo, meglio se monto un faro supplementare!”.

 

Perché nell’oscurità, il rischio è più che raddoppiato.

 

 

 

Bergamaschi da corsa

 

 

Un capitolo a parte lo merita, senza dubbio, l’equipaggio composto da Marino e Andrea, zio e nipote, con il loro Mercedes Unimog in preparazione Dakar. Un veicolo sopra le righe per un personaggio autentico, certamente eroe d’altri tempi. Non tanto per l’età (ma non chiamatelo nonno se non volete essere umiliati in gara) quanto per l’esperienza accatastata lungo 30 anni di rally raid, quasi sempre a prestare assistenza a moto e auto, alla guida dei suoi Unimog, nelle principali competizioni africane. Classe 1949, tempra d’acciaio e animo generoso, Marino scherza sul suo genetliaco: “Il prossimo anno mi toccherà venire con la badante”, esordisce quando gli si chiede se non è ancora stufo, dopo aver preso parte nel corso della sua lunga carriera a 19 Dakar, 4 Pharaons Rally, 4 Breslau in Polonia, svariate TransAnatolia e chissà quante altre competizioni massacranti. Assieme al nipote Andrea, rappresenta il riferimento nazionale per i possessori di Mercedes Unimog, dei quali può vantare una conoscenza minuziosa, avendo provveduto nella sua autofficina di Trescore Balneario (BG) alla preparazione di almeno una ventina di esemplari in funzione di raid africani. “Ero un ragazzino quando iniziai da apprendista meccanico nelle autofficine di Bergamo, e come conseguenza naturale mi avvicinai al mondo del fuoristrada, correndo in moto nelle gare di enduro”. Poi nei primi anni ‘90 la svolta, alla Parigi-Dakar come assistenza per il team Yamaha Chesterfield. E da lì è stato un proseguire, con l’Africa nel sangue e le dune nell’anima. “La Dakar sudamericana non è la stessa cosa. Dopo esserci stato 4 o 5 volte – non ricordo nemmeno più – vorrei ritornare sulle dune sahariane, magari all’Africa Eco Race o al Rally d’Algeria, ancora una volta prima che mi rinchiudano all’ospizio. Dopo quattro edizioni della TransAnatolia, penso che l’anno prossimo potrei gareggiare su un veicolo più piccolo, magari un side by side come il Polaris o il Can Am. Con quei giocattolini mi diverto un mondo”. E l’ospizio può attendere.

 

Lo affianca il nipote, Andrea Mazzoleni, al lavoro nell’autofficina dello zio dal 2005 e copilota in cabina nel corso delle loro scorribande fuoristradistiche. “Da appassionato di meccanica ho sempre bazzicato nell’officina di Marino, ci abito quasi a fianco, così ho avuto l’opportunità di imparare il mestiere sul campo, esercitando sia sulle auto che sui camion”. Copilota e navigatore da corsa, visto che Marino cede malvolentieri il suo volante, Andrea si sta attrezzando per occupare il lato sinistro dell’abitacolo, preparando nel tempo libero una gloriosa Range Rover “… per farci cosa ancora non lo so. Mi piacerebbe provare qualche gara nostrana, giusto per mettere in pratica gli insegnamenti di Marino, intervallando magari il ruolo di pilota con quello di navigatore”. Aspettiamoci quindi di vederlo ad una prossima TransAnatolia, con un mezzo tutto suo, sempre che l’Unimog resti a casa.

 

Orologio o bussola

 

 

Per chi non volesse sottostare alle spietate leggi del cronometro, oltre alla categoria agonistica Rally, la TransAnatolia presenta anche la formula Raid, con la sola navigazione a determinare punti classifica, godendo oltremodo di tutto il contesto offerto da un’organizzazione che quotidianamente movimenta bivacchi e strutture di accoglienza per il circus itinerante.
I tracciati della gara anche quest’anno hanno dimostrato di poter soddisfare quanti, con fuoristrada pressoché di serie, si sono voluti cimentare nell’arte dell’orientamento, alla scoperta degli angoli più remoti dell’Anatolia alla caccia dei waypoints predisposti lungo un percorso condiviso in gran parte con le vetture da competizione.

 

 

Una formula quasi turistica, affrontabile da chiunque, come dimostrato da una decina di 4x4 accorsi da tutta la Turchia, dalla veterana Land Cruiser alla Pajero lustra di carrozzeria, fino alla Discovery e alla Fiat 500X entrambe con equipaggio interamente al femminile.

 

Dopo una settimana a spasso tra monti e tratturi, l’equipaggio più attento alla rotta – oltre che al panorama – è risultato quello composto da Haluk e Ali Kutay, padre e figlio su Toyota Land Cruiser HDJ80, seguiti da altre due Toyota, una HDJ 100 e una FJ Cruiser. Ottime quarte le ragazze della Land Rover Discovery, mentre proprio alle battute finali si sono purtroppo ritirate le ladies della Fiat 500X, immobilizzata al bivacco serale in piena Cappadocia da noie meccaniche al propulsore.

 

Archiviata con successo l’edizione 2017, sono già all’opera gli scout per rinnovare parte del percorso previsto per l’ottava TransAnatolia in calendario la prossima estate. Come sempre, per i clienti di casa nostra, sia in categoria Rally che in quella Raid, l’agente esclusivo per l’Italia Evasioni (www.evasioni.org) provvederà all’iscrizione e al trasporto in loco dei veicoli, fornendo all’occorrenza anche assistenza meccanica e logistica, offrendo una avventura completa senza troppi pensieri.

 

Classifica auto


Mert Becce/Hakan Isen SUZUKI JIMNY
Tolga Yimaz/Ebru Demirbay Eristi JEEP CHEROKEE
Hüseyin Kurt/Özaidyn Dölek JEEP CHEROKEE

 

Classifica moto


Francesco Catanese YAMAHA WR 450 F
Francesco Tarricone BETA 430 RR
Serkan Özdemir KTM 1090 ADVENTURE

 

Classifica quad


Ömer Muharrem Göksel POLARIS SCRAMBLER XP850

 

Classifica ssv


Tsanko Tsankov/Zornitsa Todorova YAMAHA YXZ 1000 R
Necati Sahin/Günalp Kocakanat POLARIS RANGER RZR

 

Classifica camion


Marino Mutti/Andrea Mazzoleni MERCEDES UNIMOG U400 6.3 

 

Testo e foto

Duilio Damiani

dudidami@gmail.com

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